Il principio del commercio elettronico (e-commerce) non è una novità, e affonda le radici negli anni ’70 ed ’80 con varie forme di “telemarketing”. Ma è ovviamente il World Wide Web negli anni ’90 del secolo scorso a forgiarne la formula che tutti noi oggi conosciamo.
Oggi compriamo tutto online, ma forse non tutti ricordano che il fenomeno nacque invece attorno ad un unico prodotto: il libro (all’epoca) cartaceo. Fu così per i primi negozi virtuali online: Book Stacks Unlimited (1992) e per Amazon (1995: in origine il garage di Jeff Bezos, letteralmente).
Sappiamo dove è arrivata la scommessa del trentenne Bezos: Amazon oggi è una realtà imprenditoriale gigantesca e Bezos è uno degli uomini più ricchi del mondo.
Il commercio elettronico è stato per certi aspetti un fenomeno di nicchia per molti anni, per una diffidenza dei consumatori, la poca diffusione di Internet, la poca diffusione di strumenti di pagamento elettronici. Una barriera culturale e generazionale, forse, ma anche geografica: è un fatto che l’Italia nel 2017, ad esempio, era oltre il 17 posto nella classifica dei paesi per numero di vendite online per PIL.
Si sa, necessità fa virtù: l’emergenza COVID-19, il lockdown, hanno spazzato via molti ostacoli e riversato milioni di italiani verso questa forma di commercio, magari anche se non riducendo i fattori di diffidenza. Si parla di “boom di vendite” in quel periodo, ma certamente questo creato comunque una tendenza generale al rialzo del fenomeno, anche in una fase post-emergenziale: potremmo dire che gli italiani ci hanno preso gusto.
La diffidenza però non è mai stata un qualcosa di mal posto: in ogni mercato (virtuale o reale) possono celarsi rischi di ogni genere: dalla merce scadente a vere e proprie truffe.
Pertanto la circospezione è d’obbligo anche nell’approccio al commercio elettronico, ed in particolare per tutte le insidie che derivano dalle molteplici tecnologie che consentono l’esistenza di questo mercato.
Come in ogni mercato, la comunicazione è fondamentale: occorre diffidare di siti online non chiari ed espliciti nei termini di contratto (dai termini di pagamento, consegna, resi e reclami), che propongono promozioni assurde, che non consentono una scelta ampia di strumenti di pagamento. Insomma, come spesso accade, la fiducia è meglio riposta quando il “negozio” è grande e noto (in soldoni: “che esiste”). Ma anche in questo caso possono risiedere insidie, in quanto spesso chi vende realmente non è il “negozio”, ma un’altra entità che sfrutta tale negozio come “vetrina”: è il caso (a volte) di Amazon, e il caso (sempre) di eBay. Molti negozi online utilizzano “recensioni degli utenti” per qualificare i prodotti, ma occorre vigilare anche in questo caso che non siano “recensioni false” (create dagli stessi venditori, da bot, ecc): la composizione del testo in questo caso è indizio fondamentale.
La questione esiziale del commercio elettronico è il pagamento, che è naturalmente elettronico anche questo. Il pagamento è virtuale, ma il denaro è poi maledettamente reale, ed è il nostro. L’uso esclusivo di carte di credito (a saldo o revolving) ha originariamente frenato la diffusione (per diffidenza o semplicemente mancanza da parte di una larga platea di clienti di tale sistema di pagamento) del commercio elettronico. Nel tempo, l’introduzione di forme di pagamento alternative, da portafogli virtuali (PayPal) alle carte “prepagate”, ha creato un certo grado di separazione e un più elevato livello di sicurezza tali da aumentare la fiducia nei consumatori e conseguentemente la loro propensione all’acquisto elettronico. È naturale quindi che, benché evolutesi in termini di sicurezza, l’utilizzo di carte di credito ha lasciato via via il posto alle forme di pagamento mediante portafogli e prepagate: è una scelta di buon senso, visto il numero comunque alto di truffe e denunce che ogni anno si sviluppano nel mercato online.
In conclusione, il commercio elettronico è una grande comodità, ma non dobbiamo smettere di vigilare, allo stesso modo in cui saremmo accorti facendo shopping per le vie del centro o in un mercato rionale.