La popolare applicazione di messaggistica istantanea Whatsapp è stata di recente vittima di alcune violazioni, nonostante la sua peculiare crittografia end-to-end dovrebbe tecnicamente renderla inintercettabile da parte dei malintenzionati: una falla di sicurezza della funzione di videochiamata individuata nello scorso maggio dalla società israeliana NSO (con sede nel nord del Paese) ha infatti permesso a questa di spiare i messaggi privati di numerose persone nello Stato di Israele, il tutto attraverso uno spyware denominato Pegasus, agendo indisturbato sia su terminali Android sia su dispositivi provvisti delle più aggiornate versioni di iOS.
I clienti di questa azienda erano prevalentemente agenzie governative e istituzionali, e NSO ha immediatamente preso le distanze da tale utilizzo fraudolento di questo spyware; tuttavia Facebook, proprietaria di Whatsapp da diversi anni, non ha perso tempo e, in seguito a una indagine interna supportata dagli esperti del Citizen Lab di Toronto, ha avviato le proprie indagini sulla questione, e attraverso la voce di Will Cathcart (il capo di Whatsapp, N.d.R.) ha dichiarato di aver scoperto “che gli aggressori avevano utilizzato server e host Internet i cui collegamenti con NSO erano già stati stabiliti in passato”, dichiarando inoltre di aver individuato i responsabili della violazione. Ma non è tutto, perché secondo Cathcart anche la stessa NSO sarebbe coinvolta: “Siamo stati in grado di collegare alcuni account WhatsApp utilizzati durante questo attacco fraudolento a NSO. Il loro attacco è stato molto complesso, ma non sono riusciti a cancellare le loro tracce completamente”. L’azienda americana non ha pertanto perso tempo e ha intentato una causa contro la società israeliana, con l’intenzione di sottoporla al giudizio delle corti nazionali statunitensi.
Ma chi sarebbe stato intercettato dal pericoloso spyware di fabbricazione israeliana? Secondo le indiscrezioni dell’agenzia giornalistica Reuters, nella lunga lista di bersagli figurerebbero attivisti per i diritti umani, giornalisti, personaggi di spicco della politica non solo israeliani, ma anche di numerosi altri Paesi in orbita statunitense: il malware in questione, che dava la possibilità ai suoi utilizzatori di accedere non solo ai messaggi interni all’app, ma anche agli altri file presenti sul telefono della vittima, sarebbe secondo le indagini stato utilizzato per colpire attivisti avversi a numerosi regimi illiberali, non ultimo quello saudita. La presenza fra gli intercettati di personalità di spicco del mondo della politica, compresi funzionari internazionali e agenti diplomatici di ogni grado, potrebbe peraltro avere delle implicazioni sul piano della diplomazia internazionale in quanto questo spyware potrebbe essere stato utilizzato per reperire illegalmente informazioni classificate da cui dipenderebbe la sicurezza nazionale dei Paesi coinvolti.
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Circa l’identità dei possibili utilizzatori dello spyware non vi sono ancora certezze in quanto NSO non ha dichiarato ancora chi siano i propri clienti, ma solo che questa si è da sempre impegnata a distribuire il proprio software a enti e agenzie di Paesi rispettosi dei diritti umani e desiderosi di contrastare la criminalità organizzata e fenomeni illegali; tuttavia, gli esperti di Facebook attraverso la propria memoria difensiva hanno sottolineato come molte vittime siano originarie di nazioni come Emirati, Messico e India, rendendo la versione di NSO decisamente poco credibile.
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