La “serendpity” (serendipità) è un fenomeno che avviene quando, cercando una cosa, se ne trova un’altra positiva, che non si stava cercando ma che comunque ci allieta la vita. Deve essere questo che hanno pensato i clienti di una delle biglietterie automatiche del trasporto pubblico veneziano quando, invece del meccanismo di acquisto dei biglietti, si sono trovati davanti… un sito porno. È accaduto il 25 giugno a Mestre (Venezia), nelle vicinanze di una fermata degli autobus di Corso del Popolo, dove degli hacker (probabilmente per scherzo, più che per ragioni economiche) hanno manipolato la biglietteria automatica, sostituendo la finestra di dialogo per l’acquisto dei biglietti del trasporto pubblico con la pagina iniziale di Porn Hub, noto sito di pornografia statunitense famoso per le sue iniziative originali e per aver fornito gratuitamente i suoi servizi premium durante il lockdown del Coronavirus. Lo riporta il quotidiano “Il Mattino”.
La testimonianza dell’hacking è finita subito sui social, dove un utente (forse proprio l’autore della modifica del macchinario) ha postato un video dell’accaduto. Ilarità e imbarazzo fra i pendolari intenti ad acquistare il proprio titolo di viaggio, che hanno segnalato prontamente alle autorità competenti l’accaduto. L’ATVO (Azienda Trasporti Veneto Orientale), allertata dai passeggeri, ha prontamente ripristinato la regolarità del servizio, avviando al contempo un’indagine interna all’azienda (con la collaborazione della ditta che produce la macchina per l’acquisto dei biglietti) per scoprire il responsabile dell’accaduto e prevenire eventi analoghi nel futuro. «Atvo, pur essendo estranea ai fatti, si scusa con tutti gli utenti e provvederà a sporgere denuncia», si legge nel comunicato della ditta diramato sul so sito web.
Non è il primo caso di questo tipo a fare notizia: a ottobre 2019, in Nuova Zelanda, la Asics è stata oggetto di un attacco simile. L’azienda giapponese, fra i leader mondiali nella produzione e vendita di attrezzatura sportiva, si vide proiettare sugli schermi della propria sede di Auckland dei video a luci rosse, il tutto per diverse ore (l’emergenza è stata contrastata e arginata con colpevole ritardo). In un post sulla propria pagina facebook ufficiale, la Asics ha dichiarato: “questa mattina una persona non identificata ha ottenuto l’accesso agli schermi sovrastanti il nostro negozio di Central Auckland e dei contenuti disdicevoli sono stati mostrati sui nostri monitor. Chiediamo scusa a chiunque possa aver assistito a questo spettacolo. Siamo al lavoro assieme alla nostra divisione di sicurezza informatica e software affinché non accada nuovamente”.
Un breve comunicato che però rappresenta una vera e propria ammissione di colpevolezza. È curioso notare come questo evento sia stato di gran lunga il più “interessante” per il business dell’azienda giapponese, considerato l’enorme numero di interazioni esterne guadagnate da questo post. Al tempo, il quotidiano locale New Zeland Herald titolò ironicamente l’episodio “sex and the city”, raccogliendo inoltre la testimonianza di una guardia giurata del negozio secondo la quale “se da una parte alcune persone sono rimaste scioccate, molte altre si sono semplicemente soffermate sotto al negozio a guardare”. Secondo la testata, l’attacco sarebbe durato nove ore in tutto, molto meno dell’episodio di Mestre.