Sembra la puntata di una serie tv:d'un tratto tutti i sistemi sono bloccati, nel panico i colleghi della dottoressa Meredith, costretti a pagare 4 bitcoin… No è tutto vero, la sanità laziale è stata attaccata da un hacker una seconda volta; l’ospedale San Giovanni di Roma è stato colpito da un ransomware, ora indaga la polizia delle telecomunicazioni.
La paralisi dei sistemi ha reso impossibile qualsiasi tipo di comunicazione interna, il personale parla su WhatsApp, non si possono chiedere cartelle cliniche, esami di laboratorio e sapere quante persone sono in coda al pronto soccorso. Le caselle di posta interna sono saltate e il personale è stato costretto a tornare alla carta: «Esami ematici, richieste di trasfusioni o di camera operatoria, siamo in un mare di guai» dicono i dipendenti dell’ospedale.
Fortunatamente l’ospedale è rimasto aperto e sono garantiti i servizi d’urgenza; attualmente i tecnici sono a lavoro per garantire la gestione delle emergenze, mitigare i danni e salvare il salvabile. L’attacco è avvenuto alla mezzanotte di ieri.
Non sono chiare ancora le cause, l’entità del
Per condurre un attacco cyber è necessario recuperare delle credenziali d’accesso, questo ha fatto nascere una nuova professione nel lato oscuro della rete. Conosciuti come IAB (Initial Access Broker), questi intermediari si occupano di rimediare gli accessi rendendo il lavoro degli altri attori malevoli sempre più semplice; adesso, basta una passeggiata sulla via del corso del dark web, per trovarsi circondati da vere e proprie boutique che vendono i dati di accesso.
Per quanto questi attacchi possano sembrare casuali, molte volte le vittime vengono scelte in modo da minimizzare il rischio e massimizzare i profitti.
Il modo
KELA ha analizzato 48 post riguardanti cybercriminali in cerca di credenziali da acquistare, il 40% di questi annunci è stato creato da persone coinvolte nella diffusione di ransomware. Nel post viene specificato quanto il criminale ha voglia di spendere e i requisiti che